India e le proteste pacifiche
E’ il 3 febbraio 2021 quando la cantante barbadiana Rihanna scrive una breve frase, “Why aren’t we talking about this?!”, sul suo profilo Twitter. Poche ore dopo, anche Greta Thunberg e Meena Harris, nipote di Kamala Harris, fanno eco alla Riri. Un fatto che sta interessando da mesi la lontana India si fa vedere a livello internazionale, cosa che non è gradita dal governo nazionalista di Narendra Modi, che si sbriga ad ‘invitare’ la popolazione ‘a non seguire commenti o hashtag di celebrities straniere’.
Ma partiamo dall’inizio.
Le leggi sulla liberalizzazione del commercio agricolo vengono approvate dal governo verso la fine di settembre 2020. Queste permettono la vendita e l'acquisto dei prodotti agricoli senza vincoli di prezzo, con il pericolo che i piccoli proprietari terrieri non possano contrattare con le grandi imprese di distribuzione che verranno a comprare direttamente i loro prodotti, da cui il sostanziale annullamento dei prezzi minimi di sostegno e la monopolizzazione del settore.
Dopo aver subito a lungo le decisioni del governo, i contadini si sono uniti e fatti sentire. Le prime proteste pacifiche sono partite dallo stato del Punjab, il cosiddetto ‘granaio dell’India’, ma essendo state quasi ignorate, sono state spostate nella capitale Delhi e in altri stati, tra cui Haryana, Uttarakhand e Uttar Pradesh. Durante gli spostamenti di milioni di manifestanti, anche la polizia e, in diversi casi, l’esercito hanno tentato di bloccare la loro avanzata con barriere di varie tipologie, senza grandi successi. Una volta arrivati a Delhi, le forze dell’ordine hanno anche provato a convertire gli stadi della capitale in prigioni per i numerosi protestanti. Ma il governatore locale ha impedito che ciò accadesse, parlando della protesta pacifica come un diritto dei cittadini.
Momenti di alta tensione si sono alternati a periodi relativamente tranquilli, molti giovani sono stati arrestati con accuse poco veritiere e altri sono ricercati in tutto il paese. Un esempio è Lakhbir Singh Sidhana, uno dei promotori della protesta e un punto di riferimento per numerosi giovani del Punjab che sono a Delhi, ricercato dalla polizia nazionale per aver incitato alla violenza i manifestanti il 26 gennaio. L’8 aprile suo cugino è stato prelevato dalla polizia e portato in un carcere, dove è stato torturato, affinché rivelasse l’attuale posizione di Lakhbir. I media locali presentano l’episodio come un semplice interrogatorio. La violenza usata la vedono in pochi, tra cui i familiari e i medici del ragazzo che è stato scaricato in un’altra città e da dove poi è stato trasferito in ospedale in terribili condizioni.
Il 17 aprile è il giorno internazionale delle lotte contadine. I contadini vivono negli accampamenti nella capitale da ormai sei mesi, le ingiustizie commesse ai danni dei manifestanti vengono a galla insieme alle richieste di rilasciare i giovani arrestati senza validi motivi e di abolire queste leggi. Quando i diritti di cui si parla nelle Costituzioni verranno veramente rispettati?
Kaur Mankamal